Nell’era della propaganda dire la verità è un crimine. Via libera all’estradizione di #Assange

Non poteva arrivare in un momento più tragico questa notizia. Mentre la propaganda di guerra soffoca l’informazione e qualche manipolo di giornalisti si asservisce al potere mettendo a repentaglio il lavoro dei tanti. 

Una pessima notizia per il giornalismo, per la libertà, per ognuno di noi. 

La giustizia britannica ha dato il via libera all’estradizione di Julian Assange negli Stati Uniti dove è accusato di spionaggio per le rivelazioni di Wikileaks. Negli Usa il giornalista rischia una pesantissima condanna per aver contribuito a diffondere documenti riservati svelando prove di crimini di guerra commessi tra Afghanistan e Iraq: 

175 anni di prigione per aver pubblicato prove di crimini di guerra, abusi e corruzione. 

La Corte suprema britannica, insomma, gli ha negato il diritto di appello, perché ritiene insussistenti le richieste della difesa: le condizioni di salute e psichiche di Assange, a rischio di suicidio se lasciato ai rigori della giustizia statunitense. 

Eppure, secondo il relatore speciale dell’Onu sulla tortura, Nils Melzer, che lo ha incontrato mesi fa, le sue condizioni presentano «tutti i sintomi della tortura psicologica» e «la sua vita è in pericolo». 

Ma, per il Regno Unito, le garanzie fornite dalle autorità statunitensi sono sufficienti a mandare Assange al patibolo lavandosene le mani. 

Da oltre 10 anni Assange è privato, in un modo o in un altro, della sua libertà. Sette anni da rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra, tre anni – oltre 1000 giorni – nel penitenziario di massima sicurezza londinese del Belmarsh in attesa di giudizio, adesso Assange viene consegnato come un criminale. 

La decisione adesso passa al ministero dell’interno che (certamente) darà il placet politico: l’estradizione avverrà anche nel caso in cui gli avvocati difensori tentino di rivolgersi a una Corte internazionale. 

C’è un uomo in isolamento, con la salute precaria 

il fiato sul collo di un colosso che sta per agguantarlo 

perseguitato per il suo lavoro giornalistico 

per averci raccontato la verità. 

Il giornalismo non è un crimine

dire la verità non è reato.

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