«A culo a Ponte», così abbiamo titolato il Numero zero di bizzòlo. Da più di duemila anni il Ponte è un’ossessione da queste parti, e lo è soprattutto per chi qui non ci vive. Tutto il potere si è inchinato davanti a sua maestà il Ponte sullo Stretto. Un’opera irrealizzabile, inutile, dannosa, che però torna periodicamente a sollecitare l’interesse dei governi. Un miraggio fortemente oneroso e speculativo, che avrebbe rilevanti impatti sul territorio e sull’economia
Solo un governo aveva fatto eccezione alla tiritera che va avanti da decenni, quello guidato dal liberista Mario Monti che nel 2013 cancellò l’opera e liquidò la società Stretto di Messina. Quella decisione era stata presa a seguito di una valutazione tecnico-scientifica che aveva giudicato il progetto «allo stato non realizzabile»ed era già costato ai contribuenti italiani 1,2 miliardi di euro.
L’idea scorretta che un’opera possa risollevare le sorti di un territorio è sbagliata almeno quanto l’idea che un uomo solo possa risolvere le nostre vite. Eppure, la Grande opera della Propaganda torna a occupare i media nazionali e, soprattutto, locali ignorando studi e denunce. Nella maggioranza dei casi i media ne parlano con entusiasmi ingiustificati e una serie incredibile di fake news.
Proviamo a smontarle, grazie all’aiuto di Domenico Gattuso, ordinario di Tecnica ed Economia dei Trasporti all’ Università Mediterranea di Reggio Calabria.
1. Né una, né due, né tre campate. Non si può fare.
Persino un giornalista del calibro di Enrico Mentana ha paragonato il collegamento sull’Oresund fra Danimarca e Svezia (un viadotto) al Ponte sullo Stretto. Ma nel primo caso l’infrastruttura è costituita da un viadotto poggiante su piloni di modeste dimensioni, poggiati su fondali poco profondi, e ravvicinati (i fondali del Mare del Nord sono bassi, la distanza massima fra due piloni è di 490 m), nulla a che vedere con un ponte i cui piloni sarebbero solo due, mastodontici e distanziati oltre 3 km.
I dubbi sulla fattibilità del Ponte sono seri e sono presenti nella letteratura specialistica elaborata da valenti ingegneri strutturisti. Lo stesso ingegnere Remo Calzona, coordinatore tecnico-scientifico del team di progetto della Stretto di Messina, ha fatto un passo indietro. Di recente, il 25 marzo 2022, in occasione di un Convegno a Messina, lo scienziato ha affermato che il progetto “a unica campata” non sta in piedi e che occorre ricercare soluzioni di diverse in grado di «produrre ricchezze, non spese».
Nel 2005 l’ingegnere Mario Desideri aveva spiegato che «la difficoltà nel progettare un ponte sta nel valore della “luce libera”, e cioè nella distanza tra i piloni di appoggio». Fino a oggi il valore massimo si è raggiunto in Giappone (1,1 km) e in Turchia (2023 metri, ma senza ferrovia), ma il Ponte dovrebbe unire una distanza di 3,3 km.
I ponti a campata unica più lunghi del mondo sono 10:
- Çanakkale Bridge (Turchia, 2022) 2023 m
- Akashi Kaikyo (Giappone, 1998) 1991 m
- Xihoumen Bridge (Cina, 2009) 1654 m
- Ponte sul Belt (Danimarca, 1998) 1624 m
- Runyang Bridge (Cina, 2005) 1494 m
- Humber Bridge (Regno Unito, 1981) 1410 m
- Terzo ponte sul Bosforo (Turchia, 2016) 1490 m
- Jiangyin Suspension Bridge (Cina, 1994) 1385 m
- Tsing Ma Bridge (Hong Kong, 1997) 1377 m
- Seto Ohashi Bridge (Giappone, 1988) 1100 m
Solo due di questi sono ponti con strada e ferrovia insieme: il Seto Ohashi Bridge e il Tsing Ma Bridge,rispettivamente con luci di 1100 e 1377 metri. Siamo molto distanti dai 3,3 km del Ponte sullo Stretto.
La soluzione a tre campate con due piloni sotto il mare, di 400 metri complessivi, è stata scartata per le enormi difficoltà di realizzazione in rapporto alle dimensioni dei piloni e ai numerosi problemi geologici. Nel caso in cui non si riuscisse a garantire la tenuta e la funzionalità del ponte, potrebbero rimanere due torri di cemento alte 400 m: due monumenti allo spreco.
2. Inutile e costoso. Quali flussi avrebbe?
I traffici stimati a regime risultano di entità modesta con una tendenza decrescente nel tempo, dato l’aumento del traffico aereo per i passeggeri e marittimo per le merci.
Tra il 1995 e oggi sullo Stretto si sono persi 3,4 milioni di passeggeri (-25%) e si è registrata una contrazione delle autovetture di passaggio (-35,7%) , a beneficio degli aeroporti siciliani che, nel decennio 2009-2019, sono passati da 11,3 a 18 milioni di passeggeri. Sul versante merci, a partire dal 1995 la tendenza è analoga: diminuzione dei veicoli (-11,1%) e aumento del traffico portuale, soprattutto su navi Ro-Ro.
Transitare sul Ponte, poi, non sarebbe certo gratuito ma si pagherebbe un pedaggio stimato in 40-50 € per un’autovettura (e cioè quanto si spende adesso per transitare in nave), 160-180 per un pullman, 70-150 per un camion, 460-750 per un mezzo infiammabile.
3. Chi lo paga?
Oggi si parla di 6-7 miliardi, una strana diminuzione rispetto ai 9 miliardi previsti nel 2012. Dove prenderebbero questi soldi?
Fino ad oggi non si è registrato nessun impegno da parte di investitori privati in project financing. Perciò l’investimento graverebbe sulle sole finanze pubbliche.
Un’analisi economica condotta dal Politecnico di Milano nel 2003 ha dimostrato che il valore netto economico del progetto è negativo: non genera benefici sufficienti per la collettività, a fronte invece di uno spreco cospicuo di risorse per realizzarlo.
4. Inquina meno. Falso.
Il Ponte, semmai, rimetterebbe in circolo automobili e mezzi pesanti là dove le scelte degli ultimi tempi stanno riuscendo a diminuire le emissioni. Grazie ai servizi Ro-Ro e alle Autostrade del mare, infatti, in Italia sono stati spostati sulle rotte marittime circa 1,7 milioni di mezzi pesanti, abbattendo 2 milioni di tonnellate di CO₂. Il vantaggio economico per l’ambiente è stato stimato in 1,5 miliardi di euro. A questo si aggiunge una ridotta incidentalità e un consistente minor uso di carburante (studio presentato nel 2021 da ALIS).
5. Le alternative equo-sostenibili ci sono. Perché non considerarle?
Meno impattante e di veloce realizzazione, un’alternativa c’è anche se non viene presa in considerazione: una nuova flotta navale strutturata e ben dimensionata.
Un traghetto a doppio portellone di ultima generazione costa 50-60 milioni di euro, un catamarano capace di accogliere 250 passeggeri 8-10 milioni. In un traghetto dotato di binari può trovare posto un intero treno regionale senza necessità di scomposizione. Perciò, una flotta nuova di zecca di 20 traghetti e 10 catamarani costerebbe al massimo 1,2 miliardi e consentirebbe l’aumento delle frequenze di viaggio e la creazione di nuove rotte. E permetterebbe una tariffa equa paragonabile a quella di un pedaggio autostradale (0,20 €/km).

Preciso e quasi completo l’articolo sul ponte; lo divulgo e condivido; giá ciò che scrivi è più che sufficiente a spiegare la follia criminale di tale opera, aggiungi lo sventramento di litorale ambiente e cittá di Messina i cui treni dovrebbero raggiungere il ponte attraversando la cittá con miliardi da spendere e miliardi di metri cubi di materiale da risulta.
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Analisi perfetta! Grazie …da una vecchia e convinta “nopontista” !
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grazie a te
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